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Lucera: le minoranze consiliari inviano un documento sulla situazione del riordino scolastico




Lucera: le minoranze consiliari inviano un documento sulla situazione del riordino scolastico

Lucera: le minoranze consiliari inviano un documento sulla situazione del riordino scolastico

PIANO DI RIORDINO DELLA RETE SCOLASTICA  PER L’A.S. 2024/205 – REGIONE PUGLIA

DOCUMENTO DELLA MINORANZA CONSILIARE

La Giunta Regionale in data 8 agosto 2023 ha deliberato “Le linee di indirizzo per il dimensionamento scolastico per l’a.s. 2024/2025”, in attuazione della legge finanziaria 2023 e del successivo decreto ministeriale intervenuto a seguito del mancato accordo nella Conferenza Stato-Regioni
Per avere una idea chiara sull’argomento, dobbiamo necessariamente fare una breve analisi del percorso storico/giuridico su tale argomento.
Il conferimento dell’autonomia scolastica alle scuole comportò la razionalizzazione della loro organizzazione amministrativa, finalizzata al raggiungimento di dimensioni idonee che giustificassero il conferimento del ruolo dirigenziale ai capi d’istituto e del ruolo direttivo ai responsabili amministrativi.
A norma dell’art. 2 del D.P.R. 233/1998, per acquisire o mantenere la personalità giuridica gli istituti di istruzione furono costituiti, di norma, con una popolazione scolastica compresa tra 500 e 900 alunni.
Una deroga fu concessa nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche, ove il parametro fu ridotto fino a 300 alunni, mentre il superamento dei parametri normali fu consentito nelle aree ad alta densità demografica.
Le scuole che non raggiungevano gli indici di riferimento sopra indicati furono unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in istituti comprensivi, a seconda delle esigenze educative del territorio e nel rispetto della progettualità territoriale.
La revisione dei parametri si è avuta con la legge n. 111/2011 come modificata dalla L. n. 128/2013
E’ stata posta a 500 la soglia minima del numero di alunni idoneo al conferimento dell’autonomia scolastica, fatte salve inoltre le deroghe nei casi previsti dal citato art. 2 del D.P.R. n. 233, al 1° settembre 2000 risultarono in Italia 10.825 istituzioni scolastiche autonome, ciascuna dotata di dirigente scolastico e di direttore s.g.a.
Per effetto della riduzione della spesa pubblica, tali dotazioni furono ritenute eccessive.
Con l’entrata in vigore del D.L. n. 98/2011 (convertito nella L. 15 luglio 2011, n. 111-art.19 commi 4 e 5) il numero minimo di alunni fu innalzato a 1000 negli istituti del primo ciclo e a 600 nel secondo ciclo
Tuttavia, l’applicazione di questi nuovi parametri comportò il ricorso alla Corte Costituzionale da parte di alcune Regioni che vi avevano ravvisato un’invasione di campo da parte dello Stato, in violazione del dettato costituzionale riformato nel 2001.
La sentenza della Corte costituzionale (la n. 147/2012) accolse il ricorso, riaffermando la competenza delle Regioni nella programmazione della rete scolastica sul territorio, come già previsto dall’art. 138 (co. 1, lett. b) del D.Lgs. n. 112/1998 e in continuità conla precedente sentenza n. 13/2004 là dove veniva enucleato il principio che “il prescritto ambito di legislazione regionale sta proprio nella programmazione della rete scolastica”.
Seguì un intervento correttivo con la legge n. 128/2013 (di conversione del D.L. 104/2013), il cui art.12 pose l’accordo in sede di Conferenza unificata a fondamento della definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, nonché per la sua distribuzione tra le Regioni.
In sintesi, le nuove regole stabilirono che:
⮚ la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono obbligatoriamente aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado;
⮚ gli istituti comprensivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche;
⮚ alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità (ridotto fino a 400 per le istituzioni sopra citate) non possono essere assegnati né dirigenti scolastici né direttori dei servizi generali ed amministrativi;
⮚ tali scuole vanno conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome; il relativo posto di DSGA va assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche.
A conclusione di questo processo di razionalizzazione, agli inizi dell’a.s. 2015/16 il numero delle istituzioni scolastiche autonome era sceso a 8.384.
A seguito, poi, del periodo pandemico, gli indici per il mantenimento dell’autonomia è sceso a 500 alunni (300 per i comuni montani)
E veniamo ora, agli obiettivi fissati dal PNRR: la riforma dell’organizzazione del sistema scolastico, con la riduzione del numero degli alunni per classe e un nuovo dimensionamento della rete scolastica, è uno degli obiettivi del piano di resilienza. Il criterio è quello di armonizzare la distribuzione delle istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità.
Il meccanismo individuato con L. n. 197 del 29 dicembre 2022 (legge di bilancio 2023, art.1 comma 557) prevede i seguenti passaggi:
⮚ con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, sono definiti su base triennale (con eventuali aggiornamenti annuali) i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori s.g.a. e la sua distribuzione tra le Regioni, “tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale”;
⮚ il coefficiente di calcolo applicato dal Ministero per il computo delle autonomie scolastiche è “non inferiore a 900 e non superiore a 1000”;
⮚ le Regioni provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal decreto.
⮚ Per i primi sette anni, a decorrere dall’a.s. 2024/2025, sono previsti correttivi non superiori al 2% annuo, finalizzati a salvaguardare le specificità delle istituzioni situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche con forme di compensazione interregionale.
⮚ I risparmi così conseguiti sono destinati ad incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche ed altri finanziamenti a favore del personale direttivo e docente.
Il Ministero spiega che l’intervento normativo di riforma del sistema di dimensionamento della rete scolastica nazionale discende, quindi, da una stringente indicazione europea, nell’ambito delle misure del PNRR, che mira ad adeguare la rete scolastica all’andamento anagrafico della popolazione studentesca.
In particolare, la riforma si pone l’obiettivo di armonizzare la distribuzione delle Istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità, considerando un arco temporale di dieci anni e superando il modello attuale. Come detto, tale analisi impatta inevitabilmente con il decrescere della popolazione studentesca nella fascia compresa tra i 3 e i 18 anni.
Le proiezioni dei dati demografici per i prossimi anni, infatti, rilevano una costante riduzione del numero della popolazione residente.
Per individuare il tasso di diminuzione della popolazione scolastica, è stata calcolata l’incidenza media, riferita agli anni dal 2016 al 2021, degli alunni presenti nell’Anagrafe Nazionale Degli Studenti sulla popolazione 3-18 anni – fonte ISTAT (2023-2034).
Per la Puglia, per esempio, a fronte di circa 551 mila alunni del 2023, si passerebbe a 539 mila nel 2024, a 528 mila nel 2025, per finire a 434 mila nel 2034
Le scuole autonome, in conseguenza, passerebbero, secondo i dati riportati nella relazione tecnica di accompagnamento del DDL, a un decremento demografico che entro il 2034 determinerà, secondo le proiezioni ISTAT, ad una diminuzione di 634 istituzioni scolastiche autonome tra l’a.s. 2023/2024 e l’a.s. 2031/2032- in pratica a 6885 nel 2031/2032 a fronte delle attuali 7960 scuole. A conclusione del procedimento (a.s. 2031/32), quindi,il numero delle istituzioni scolastiche autonome risulterà ridotto a 6.885. Per la Puglia, relativamente al numero delle istituzioni scolastiche autonome, si passerebbe dalle attuali 631 scuole autonome a 557 entro il 2026 con una perdita quindi di bene 74 scuole. Questa analisi, di mera matrice “ragioneristica”, che non tiene conto del ruolo rivestito dalla scuole nel territorio e nel tessuto sociale, ci deve portare, in primis, ad una preliminare considerazione con non poche perplessità al riguardo. 026/2027 con la perdita di ben 71 scuole autonome.
⮚ A fronte di economie così limitate, non sarebbe invece il caso di approfittare del decremento demografico della popolazione scolastica per creare scuole più ridotte nei numeri, ma maggiormente attrezzate ad affrontare il compito loro affidato dall’art. 21 della legge 59/1997 (autonomia scolastica)?
⮚ perché il coefficiente medio proposto dal DDL risulta più alto dei 900 alunni che il DPR 233/1998 fissava come limite superiore di un dimensionamento ottimale delle scuole autonome?
⮚ tra i fattori correttivi del coefficiente utilizzato per il dimensionamento non dovrebbe trovare piena cittadinanza anche l’indice economico, sociale e culturale della popolazione scolastica del territorio di riferimento della singola istituzione?
⮚ un dimensionamento pensato uguale per tutti non finisce con il fare parti uguali tra disuguali nel territorio nazionale?
Si nota anche una scelta differenziata per territorio, infatti, e solo per fare un esempio, in Toscana il piano prevede di tagliare 20 scuole subito e presumibilmente altre 20 entro il 2032, ma già oggi le scuole che in Toscana sono sotto i 900 alunni sono circa 100 e aumenteranno nei prossimi anni con il calo delle nascite. Negli anni passati il meccanismo del dimensionamento è servito a ridurre le scuole distribuite sul territorio, impoverendo le risorse per le comunità e si è fermato solo quando sono state tagliate le scuole sotto il parametro.
Quando l’operazione è iniziata, nel 1998 c’erano 12.687 istituzioni scolastiche, dieci anni dopo, nel 2008/2009 erano state ridotte a 10.702. Nel 2011 il ritocco del parametro minimo da 500 a 600 alunni si è tradotto in una ripresa dei tagli e nel 2016-17 le istituzioni scolastiche si erano ridotte a 8281, un numero che rimane grossomodo stabile fino ad oggi. Negli anni della pandemia, come si è già detto, sono stati leggermente abbassati i parametri minimi (500 alunni e 300 nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche con specificità linguistiche), ma solo per gli anni scolastici 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024 e senza mai abbassare il numero degli alunni per classe, e solo incidendo sulle autonomie.
La creazione di scuole dimensionate oltre l’indice prefissato a livello nazionale, non comporta alcuna ricaduta utile dal punto di vista didattico ma anche dal punto di vista organizzativo: ad oggi, ci sono 40.466 sedi: è già un problema; figuriamoci quando questi plessi dovranno essere aggregati in un numero sempre decrescente di istituzioni scolastiche!
Se non viene invertita questa scelta, l’unica soluzione sarà arrivare, in un futuro assai prossimo anche alla riduzione dei plessi. Per tutto il personale della scuola, docenti e ata, l’aumento delle dimensione della scuola si traduce in un aumento dei carichi di lavoro e in un peggioramento della qualità. Tre anni di pandemia avrebbero dovuto insegnare che privare i territori della presenza delle scuole è una scelta sbagliata sotto tutti i punti di vista.
L’intera operazione alla fine frutterà un risparmio modesto: 88 milioni di euro a regime, nel 2032. Se si pensa che solo per le linee di investimento del PNRR destinate al recupero della dispersione e all’orientamento sono stati stanziati 500 milioni di euro è subito evidente che il taglio non è funzionale ad un mero risparmio ma ha come obiettivo la destrutturazione della scuola pubblica statale
Sembra quasi, anzi è certo, che tutto venga ricondotto alla semplice eliminazione del posto di dirigente scolastico e direttore amm.vo delle scuole, senza considerare, in primis, che il dirigente scolastico per riscoprirsi guida della comunità educativa e per creare il cambiamento, con un’azione sicuramente efficiente ed efficace, non solo di coordinamento, ma anche di pieno coinvolgimento e valorizzazione dei docenti, impegnati a realizzare in prima persona la transizione nelle aule, non può vedersi assegnate scuole con in media 1500 alunni, con tutte le problematiche conseguenti.
Che dire, poi, delle enormi difficoltà gestionali per la direzione amministrative e contabile, alla luce della scarsità degli organici ata.
Solo se le politiche dell’istruzione continueranno ad individuare nei bisogni educativi degli alunni la bussola con cui orientarsi, il dirigente scolastico potrà effettivamente svolgere con successo il ruolo di leader per l’apprendimento che la letteratura scientifica di settore gli riserva da anni, sfuggendo al rischio di immaginarsi come manager d’azienda, per poi scoprirsi solo come un “Monsieur Travet”
A quanto detto, dobbiamo aggiungere, per i meno preparati a un concreto esame degli effetti degli accorpamenti, fusioni ed aggregazioni di scuole, che si avranno anche diminuzione di posti di personale docente ed ata, in quanto gli organici “aggregati” inevitabilmente portano a una diminuzione di posti proprio perché le classi verrebbero calcolate sommando “con fare ragionieristico” gli alunni delle scuole accorpate e non per singola istituzione scolastica “fisica”.
Il piano di dimensionamento scolastico, di cui alle linee di indirizzo varate l’8 agosto 2023 da parte della regione Puglia, si basa su un rapporto di 961 alunni medio per scuole che deve raggiungere il territorio pugliese. Purtroppo, però, tale rapporto, si va ad applicare solo alle scuole del primo ciclo, che sarebbero le più penalizzate.
Infatti, sono fuori tali tagli le scuole secondarie di secondo grado, in quanto la media regionale è prossima ai 930 alunni.
Sono anche esclusi dal taglio i comuni che hanno una sola scuola del primo ciclo ovvero comuni montani o con plessi in comuni montani.
In sostanza, come si può vedere dalle tabelle allegate al piano predisposto dalla Regione, a venire colpiti sono i comuni medio/grandi con più scuole del primo ciclo, mentre resterebbero esclusi i piccoli comuni anche se annoverano per esempio 200/300 alunni.
Ora a prescindere da ogni considerazione, sulla validità di tale scelta, non viene da chiedersi se una volta effettuato questo taglio del 2024 nei comuni medio/grandi, dovendo ancora proseguire negli anni futuri sino al 2034 (ma anche già nel prossimo triennio), non si porrà “mano” almeno sino al 2026 a tagli che interesseranno anche i comuni con una sola scuola o i comuni montani (visto che dalle attuali 627 si dovrà comunque arrivare a 557 scuole nel 2026 ?
Se così è, ed è così, poiché la delibera di giunta lo dice in maniera chiara, come d’altra parte previsto anche dalla legge finanziaria, non era forse meglio avere a riferimento un quadro complessivo e non limitato ai soli comuni medio/grandi ?
Se così è, ed è così, perché Lucera, che ha una media fra le tre scuole del primo ciclo di 910 alunni, di soli 51 alunni inferiore all’indice di 961 alunni, viene trattata alla stessa stregua di comuni quali Lecce con una media di 792 alunni, Foggia 760, Trani 821, che si vedono ridotte le scuole autonome di 1 sola unità al pari di Lucera?
La scelta operata, quindi, per le motivazioni sopra esposte, non appare congrua, né risulta rispondente a quanto previsto dalla legge finanziaria, non risulta equa rispetto a quanto deciso per altri comuni grandi della regione, non tiene conto del lieve discostamento della media di alunni delle nostre scuole del primo ciclo rispetto all’indice regionale di 961 alunni.
A quanto detto, si aggiunge che, probabilmente una più attenta analisi dell’offerta formativa sul territorio potrebbe portare a un riequilibrio anche fra le tre istituzioni scolastiche che assicurerebbe il mantenimento dell’autonomia.
Non si può non sottolineare, poi, che ventilate ipotesi alternative (come emerse in maniera impropria durante l’incontro con i dirigenti scolastici, da parte di qualcuno che tenta solo di “salvare il proprio orticello” oppure di “incrementarlo”) ovvero ipotesi subordinate, non possono trovare il nostro consenso in quanto non solo non sono rispondenti al piano regionale, che riguarda le sole scuole del primo ciclo, ma rappresentano un grave “vulnus” per la storia delle istituzioni scolastiche del secondo ciclo della nostra città e che determinerebbe, in un prossimo non tanto lontano futuro, la perdita dell’indirizzo di studio presente a Lucera (a fronte invece dei risultati raggiunti in questi due anni che hanno visto autorizzati nuovi ed innovativi indirizzi di studio nell’istruzione tecnica).
In particolare, ci si vuole riferire all’ITET “ Vittorio Emanuele III “ , una scuola che, istituita il 16 ottobre 1924 con regio decreto del re Vittorio Emanuele III, ha segnato in un secolo la storia culturale e professionale della città di Lucera formando generazioni e generazioni di professionisti, imprenditori e funzionari pubblici che, grazie alla valida istruzione tecnica ricevuta, hanno potuto affermarsi culturalmente ed economicamente in vari ambiti lavorativi e sociali locali, nazionali ed internazionali riuscendo con successo a cogliere le sfide della globalizzazione e della internazionalizzazione dei processi produttivi e commerciali.
La scuola, di cui si vorrebbe sacrificare l’autonomia per mantenere le autonomie dei tre istituti comprensivi della città, sta vivendo negli ultimi anni un deciso rilancio in evidente controtendenza rispetto ai dati demografici che vedono diminuire progressivamente la popolazione scolastica cittadina.
I dati infatti mostrano un incremento netto di alunni frequentanti che nei recenti ultimi quattro anni scolastici è cresciuto di circa 50 unità con un altrettanto incremento di classi che risulta in continuo aumento grazie alle recenti introduzioni della curvatura di studio in Management Sportivo nell’ambito dell’indirizzo Amministrazione Finanza e Marketing e ai due nuovi indirizzi del settore tecnologico Grafica e Comunicazione e Chimica e Biotecnologia che hanno consentito un quasi raddoppio in quattro anni del numero di classi prime che da quattro dell’a.s. 2020-21 sono diventate sette nel corrente a.s. 2023-24.
Il successo scolastico dello storico istituto lucerino, unico riferimento dell’istruzione tecnica per la città di Lucera e dell’intero territorio dei Monti Dauni Settentrionali, si caratterizza da sempre per le numerose e molteplici attività svolte in collegamento con il mondo del lavoro e con il mondo accademico oltre che per la decisa vocazione laboratoriale che caratterizza l’azione didattica delle discipline professionalizzanti dei vari indirizzi di studio.
La ventilata eventuale proposta di fusione dello storico istituto lucerino con l’istituto alberghiero Bonghi Rosmini di Lucera non trova allo stato attuale giustificazione alcuna perché, come già ampiamente esposto, il piano di dimensionamento scolastico regionale non prevede per i prossimi due anni scolastici azioni di accorpamento delle istituzioni di secondo grado; d’altra parte le peculiarità organizzative di ciascuno di essi renderebbe difficoltosa la loro gestione in quanto trattasi di due segmenti dell’istruzione, quello tecnico e quello professionale, che presentano approcci didattici e logistici nettamente diversificati anche in relazione alla diversa dislocazione geografica e alla presenza del corso serale presso l’istituto tecnico che svolge attività pomeridiana e serale..

Lucera, 7 settembre 2023

Giuseppe De Sabato
Vincenzo Checchia
Davide Colucci
Francesca Niro
Francesco Aquilano
Raffaele La Vecchia
Fabrizio Abate
Francesco Di Battista
Pasquale Colucci
Franco Ventrella
Chicco Russo

N.B. Firma apposta sull’originale consegnato al Presidente del Consiglio-f.f, Pia Preziuso 1

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